11 giugno 2011

VLADIMIR LUXURIA: TUTTI ALL'EUROPRIDE ROMA 2011

Sì, ce lo ha insegnato la geografia, l'Italia è in Europa, occupiamo seggi a Strasburgo, siamo membri fondatori dell'UE e da noi circola l'euro. Gli accordi di Schengen hanno traballato dalla Francia alla Danimarca per la mala gestione dell’immigrazione da Paesi di guerra e di fame, eppure è generalmente assicurata la libera circolazione di cittadini europei e soprattutto di merci. Ciò nonostante l'Italia sembra ormai l'ultima nazione in Europa (penultima, se includiamo il Vaticano, stato estero… ricordiamolo!) che ostinatamente si rifiuta di riconoscere che gay, lesbiche e trans non sono occupazione di suolo pubblico ma cittadini giuridicamente tali.

In Germania vigono le unioni registrate, in Inghilterra il "partnership act", in Spagna, Belgio e Olanda il matrimonio è per tutti. Con nomi e caratteristiche più o meno diverse continua l'elenco delle nazioni europee che riconoscono e tutelano con diritti e doveri le coppie di fatto etero e omosessuali. In Islanda la premier Johanna Sigurdardottir non è una che racconta barzellette omofobe ma una che ha potuto sposare la sua compagna grazie alla legge vigente, nella super-cattolica Irlanda il Civil Partnership Bill è operativo da quest'anno, in Croazia (da dove il Papa ha lanciato anatemi contro le coppie di fatto) almeno il minimo sindacale è garantito: le unioni civili prevedono alcune facilitazioni finanziarie e sull'asse ereditario.

L'Italia confina ovunque con Sodoma, da ovest e a est, attraverso qualsiasi passo alpino: in Francia i PACS del 1999 del governo Jospin non sono stati aboliti da Sarkozy, in Svizzera l'Unione Domestica Registrata è sopravvissuta anche al tentativo di abolizione tramite il referendum, in Austria dal 2010 sono riconosciute le unioni civili grazie soprattutto all’intervento della Corte Europea sui Diritti dell'Uomo, in Slovenia il Parlamento sta cercando di passare dalle attuali unioni che garantiscono solo pochi diritti nella sfera proprietaria ed ereditiera al vero e proprio matrimonio.
L'Italia è circondata ma non si arrende! Mi viene il dubbio se più che una questione di laicità, democrazia e uguaglianza non stiamo rischiando di fare la figura dei presuntuosi davanti a tutti: sono tutti gli altri a sbagliare!

L'articolo 21 del Trattato di Lisbona con la firma di Prodi nel 2007, ma ratificato dallo stesso Berlusconi, contiene parole precise sulla dignità di tutte e tutti i cittadini europei:

È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

Ciò nonostante, e nonostante i primi articoli della nostra Costituzione, non si riesce proprio ad avere una legge sulla omo/transfobia né una sulle unioni civili.

Siamo ormai alla deriva dei continenti, l'Italia si stacca dal Vecchio Continente per avvicinarsi ad altre nazioni dove non ci si aspetta che vengano votate leggi che migliorino la nostra vita: l'Iran, l'Afghanistan, il Pakistan dove almeno sull'omofobia le teorie leghiste, le posizioni dei vari Buttiglione e Giovanardi vanno a braccetto con il fondamentalismo talebano.

L'EuroPride Roma dell’11 giugno serve allora a ricordare che Roma è la capitale di uno Stato Europeo e non una città asservita al Vaticano e ai parlamentari che non hanno fegato e cuore (visto che quelli senza cervello erano dall’altra parte).

Sono contenta che sia stata designata Roma come sede di un Pride Europeo proprio nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, non fosse altro per ricordare che molti di quelli che hanno perso la vita lo ha fatto anche con la speranza di lasciarci in eredità un Paese migliore, per ricordare che il vero atto conclusivo dell'Unità avvenne nove anni dopo la proclamazione del primo Re. Il 20 settembre 1870 con la breccia di Porta Pia, la fine dello Stato Pontificio e l'abolizione (almeno nelle intenzioni) del potere temporale dei papi.

Purtroppo Roma è anche una delle città che ha visto il maggior numero di episodi di aggressioni fisiche e verbali nei confronti di gay, lesbiche e trans, fino all’epilogo tragico di veri e propri "OMOcidi", ovvero crimini dettati dall’odio. Ed è strano pensare che gli stessi che hanno fatto una grande campagna elettorale sul tema della sicurezza adesso si rifiutino di votare almeno una legge sull’omofobia che preveda non solo le stesse sanzioni che prevede la legge Mancino del 1993 sulla violenza e incitamento alla violenza per odio razziale, etico e religioso, ma anche tutto un lavoro di formazione culturale dalla scuola alla famiglia, passando per i mezzi di comunicazione di massa, per contenere un’omofobia che invece è stata fomentata in questi anni da parole da parte di certi politici pesanti come i cazzotti.

L'Europa o è anche l'Europa dei diritti o non è nulla. Da Roma deve arrivare la richiesta non solo di mozioni o direttive ma di sanzioni verso il nostro Paese se non prende l’impegno di considerarci cittadini come gli altri. Mi piacerebbe che nessuno sia tentato di lasciare il nostro Paese per avere la speranza di coronare il sogno di un rito che riconosca il progetto di vita di due persone che hanno avuto la fortuna di incontrarsi e conoscersi, ma la sfortuna di essere nate in Italia. Ecco, vorrei che nascere in Italia non possa essere più considerata una sfortuna, ma un luogo dove gay, lesbiche e trans non debbano escludere la possibilità di sposarsi, dove ai nostri genitori non si neghi più la speranza di diventare nonni e ai familiari del nostro partner di diventare nostri parenti.

Mi piacerebbe che tutti quei ragazzi aggrediti, insultati e malmenati a Roma e in Italia possano avere l'11 giugno il più bel regalo: il risarcimento della loro dignità, ridonare alla loro pupilla la luce fiera dell’adolescente sognatore e non lo sguardo schivo del cane bastonato. Vorrei che le vittime dell’omofobia non si sveglino più di notte in preda agli incubi e alle palpitazioni del terrore ma che possano essere salutati da una bella giornata di sole che li inviti a scendere in piazza, a riappropriarsi dell’orgoglio positivo del vivere senza vergogna e non dell’orgoglio negativo di chi si sente superiore a un altro perché di "razza" eterosessuale.

Un mondo diverso sì, diverso da chi si è guadagnato un seggio e uno stipendio paragonandoci a zozzoni o a pedofili, chi ci ha ritratto come gli Attila della famiglia per alzare fumo e nascondere il fatto che in Italia si spende poco per aiutare le famiglie indigenti e che il precariato strozza il neonato in culla e qualsiasi progetto e sogno di crearsela per davvero una famiglia.

Un EuroPride che porti aria nuova per liberarci dalla cappa stantia che ha soffocato le nuove esigenze di una società in mutazione dove diminuiscono i matrimoni riconosciuti (soprattutto quelli religiosi) e aumentano le convivenze considerate clandestine dall’assenza di leggi.

Una Italia in Europa dove alla paura del diverso come strumento per asservire le masse si sostituisca l’integrazione, il rispetto reciproco, il guardarci negli occhi e prenderci per mano. E a molti che una mano non è mai stata data sarà un grande sollievo.

Fonte: sito ufficiale di Vladimir Luxuria

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