17 luglio 2014

"GLOBAL GAY" DI FRÉDÉRIC MARTEL: UN RACCONTO COLORATISSIMO, DRAMMATICO, PIENO DI VITA

Dalle serate di tango gay a Buenos Aires alle feste di samba a Rio, dai love hotels di Tokyo alle squadre gay di dragon boating a Singapore, il sociologo Frédéric Martel ha compiuto un lungo viaggio in giro per il mondo alla ricerca di un "Global Gay Way of Life": un sentire comune - culturale e di vivere civile - che caratterizza le minoranze sessuali.

Il suo bel saggio "
Global Gay" (Feltrinelli, pp. 328, euro 18) mette a confronto la straordinaria rivoluzione sessuale che si sta compiendo in America latina con le intolleranze odiose perpetrate dalla maggior parte dei paesi musulmani; ripercorre la storia delle prime rivendicazioni dei movimenti LGBT in Nord America e traccia un quadro affascinante del presente, dove a Cuba come nei paesi arabi la comunità gay rivendica i propri diritti in un processo culturale lento, ma per fortuna - si spera - inarrestabile.

Nel suo libro parla di "global gay way of life", cosa significa? 

Affrontando questo racconto mi sono chiesto: esiste un modo di vivere gay uguale per tutti a prescindere dal posto in cui si vive? Oppure le sottoculture gay nei vari paesi sono profondamente diverse? La mia risposta è stata sì, finché le minoranze gay saranno discriminate, finché saranno in lotta con la loro cultura locale, finché non saranno integrate e i gay accettati ovunque come cittadini "normali", allora una "cultura" e un modo di vivere gay saranno in comune a tutti i gay del mondo. Senza per questo dimenticare le dovute differenze dell'essere omosessuale in un paese piuttosto che in un altro.

Nel suo libro sottolinea quanto siano state importanti le rivendicazioni del movimento Lgbt negli Stati Uniti per l'emancipazione dei gay nel mondo occidentale... 

I Moti di Stonewall sono stati l'inizio di tutto: stanchi di essere perseguitati, i gay che frequentavano lo Stonewall Inn al Greenwich Village una sera, quando la polizia ha fatto irruzione nel locale, hanno deciso di reagire. Era l'estate del 1969 e da quel momento il 28 giugno è diventata una data simbolica per l'orgoglio gay. Gli USA sono stati il simbolo della rivoluzione Lgbt nel mondo e non - come pensano certi gay di sinistra - paesi come l'URSS, la Cina o Cuba. Oggi la situazione è più complessa: l'America resta un simbolo, anche grazie ad Obama che ha ricordato Stonewall nei suoi discorsi, ma i matrimoni gay sono accettati in una piccola parte del paese, mentre da questo punto di vista l'Europa e il Sud America sono all'avanguardia. Spagna e Portogallo hanno avuto un ruolo importante nel riconoscimento dei diritti civili dei gay, mentre l'Italia è purtroppo molto indietro.

Un ulteriore passo in avanti viene dai paesi del centro e sud America, come è vissuta la la cultura gay? 

L'America latina ha compiuto straordinari passi in avanti: siamo passati, come è successo prima in Europa, dalla criminalizzazione dell'omosessualità alla criminalizzazione dell'omofobia! Il fatto che città come Buenos Aires o Brasilia abbiano un atteggiamento più liberale di tante città degli States o di Parigi la dice lunga sulla globalizzazione. I paesi emergenti stanno venendo alla ribalta con le loro economie, ma anche con la loro cultura, con internet e con dei valori specifici, tutti argomenti trattati nei miei libri. Il primato sui diritti civili delle minoranze apparteneva ad Europa e Stati Uniti, ma il XXI secolo segna il sorpasso dell'America latina.

Nel suo libro, oltre a raccontare le mille sfaccettature della cultura gay globale, sottolinea quanto sia difficile e pericoloso essere omosessuale in alcune parti del mondo? 

I paesi musulmani rappresentano una realtà difficile: ci sono ancora otto paesi che applicano la pena di morte, come l'Iran e l'Arabia Saudita. Io chiamo questo fenomeno "hot omofobia", perché la legge dello stato deriva da credenze religiose. Al secondo posto c'è l'Africa, in particolare Uganda, Malawi, Camerun e Nigeria, dove l'omofobia è connessa all'islamismo o all'evangelismo. Poi c'è quell'atteggiamento che nel libro descrivo come "cold omofobia" che appartiene soprattutto alla Russia, alla Bielorussia e ad una parte dell'Europa dell'Est. Infine c'è la maggior parte dell'Asia che non si esprime chiaramente, di fatto paesi come la Cina o il Vietnam non condannano le minoranze gay, ma di certo non proteggono i loro diritti. Poi ci sono democrazie più sviluppate, vedi il Giappone, e altre più arretrate come l'India.

Qual è la situazione in Europa? Siamo abbastanza liberali nell'affrontare la questione dei diritti civili dei gay?
 

L'Europa è spaccata in due: i paesi del Nord - come Danimarca, Belgio e Olanda - e la parte occidentale rappresentata da Spagna e Portogallo sono all'avanguardia su questi temi; la Francia sta nel mezzo e l'Italia, come ho detto, è ancora molto indietro. L'influenza del Vaticano sullo stato italiano è sempre stata molto forte, ma il divieto di riconoscere i diritti dei gay è basato sull'ipocrisia: molte persone all'interno del Vaticano sono omosessuali (fenomeno che deriva anche dal fatto che la chiesa vieta il matrimonio ai sacerdoti), quindi per reazione mostrano un eccessivo atteggiamento anti-gay. In poche parole: più sei gay nel tuo privato, tanto più ti mostri ostile verso gli omosessuali in pubblico..questo è il segreto del Vaticano.


"GLOBAL GAY"
Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano 
Prima Edizione in "Serie Bianca" giugno 2014
Traduttore: Giorgia Fracca
Uscita: 25 giugno 2014
Pagine: 328
ISBN: 978-88-07-17280-9
Prezzo €18,00


Fonte: Huffingtonpost.it
 

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