Silvano Filippi, Segretario Regionale Siulp Veneto, scrive su "Il Corriere del Veneto":
Siamo abituati a vederci consegnare dalla cronaca, con inquietante frequenza, vicende - apparentemente - discriminatorie. Tra le più recenti quella di una mia collega, una poliziotta in servizio a Padova, che ha lamentato contraccolpi professionali per aver ammesso la sua omosessualità. Sia chiaro, non sono tra quanti - e non sono pochi - farebbero carte false per far abrogare la cosiddetta "Legge Mancino". Perchè sono convinto che la tentazione a vedere nel "diverso" sia in effetti una strisciante tentazione che va repressa senza esitazione. Altro è però sottovalutare la possibilità che la denuncia di torti subiti sia strumentale ad altri scopi. E per quella che è la mia esperienza, umana, professionale e soprattutto di rappresentante sindacale, si tratta di una eventualità non così improbabile. Le molte e svariate istanze di colleghi che, non contenti della loro situazione professionale, si ritengono discriminati sono all’ordine del giorno. Non per questo poi risultano, ad un approfondito riscontro, anche meritevoli di pregio. Dirò di più. Ho lavorato con colleghi la cui omosessualità era acclarata. Li ho incontrati, io come altri, con i rispettivi compagni anche mentre facevano la spesa o erano a passeggio. Hanno mansioni delicate e responsabilità rilevanti. Tutti sanno. Anche i superiori. E mai nessuno si è sognato di penalizzarli o mettere in discussione la loro professionalità a cagione della loro vita privata. Proprio per questo nel caso di specie le mie perplessità sono molte. Se è vero che la presunta discriminazione in danno della collega sarebbe avvenuta parecchio tempo addietro, perché prima di esibire in pubblico il drappo della sua battaglia non ha pensato di rappresentare la sua situazione ad alcuna organizzazione sindacale? Posso garantire, e questo vale quale pubblica dichiarazione di impegno per il futuro, che se mai avessi contezza che un collega è stato discriminato in ragione del suo orientamento sessuale, interverrei anche senza aver ricevuto alcuna sua istanza.
Per altro verso, se, e ripeto se, gli argomenti addotti a supporto della denuncia possono essere sintetizzati nelle insoddisfatte aspirazioni professionali, in mancanza di altro direi che le sue polveri sono un po’ troppo bagnate. La quasi totalità dei colleghi vorrebbe lavorare alla Squadra Mobile o alla DIGOS. Ma i posti sono pochi. E la più parte del personale è costretto, suo malgrado, a svolgere servizi in uno pesanti e poco gratificanti. Allo stato, e fatti salvi eventuali elementi ad oggi a me non noti, credo quindi di poter dire con serenità che non vedo la sussistenza di un fumus persecutorio. Sono purtroppo decine di migliaia i poliziotti che - a prescindere dal loro orientamento sessuale - come lei sono costretti a convivere con l’asprezza del nostro mestiere. Io me ne farei una ragione.
Fonte: NotizieGay
06 ottobre 2008
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