02 febbraio 2012

IKEA E L'OUTING SUL LAVORO

Quanto e come vengono discriminati i gay, lesbiche, bisex e trans sul posto di lavoro in Italia? Il colosso svedese dell'arredamento IKEA ha provato a rispondere, interpellando 500 dipendenti delle sedi di Bologna, Roma e Catania. Dal sondaggio emerge che ben l'85% dei lavoratori dichiara di non avere alcun problema a lavorare accanto a colleghi dichiaratamente "diversi".
Mentre "solo il 10%, ovvero un impiegato su 10, si sente un po' più in imbarazzo a lavorare con chi ha gusti sessuali particolari" racconta il responsabile relazioni esterne del Gruppo, Valerio di Bussolo. Si chiama "Diversity Management" ed è una modalità di gestione aziendale che si sta sempre più affermando anche qui da noi, con lo scopo di valorizzare il contributo che un "diverso" può offrire al raggiungimento degli obiettivi aziendali, eliminando ogni tipo di pregiudizio e tabù tra i banchi di lavoro.

Insomma buone pratiche, a tutto vantaggio della produttività, ma anche dei fatturati. IKEA nel panorama italiano, ma anche mondiale, è un pò un'isola felice per le pari opportunità e politiche di diversity. Basti pensare che le donne sono il 58% e le top manager in gonnella superano il 41%. Non solo. "Tra gli integrativi - continua Bussolo - c'è anche l'anticipo del TFR per chi volesse finanziarsi un corso di studio e un anno di maternità in più per le neomamme". Lavorare 8 ore al giorno tra armadi smontabili e divani letto a questo punto diventa anche un privilegio, visto che tra colleghi si viene a creare quel senso di appartenenza e di comunità, che è sempre più raro trovare nelle realtà imprenditoriali italiane.
Tornando alla ricerca, hanno risposto al questionario dedicato ai preconcetti all'interno dell' IKEA, circa la metà dei dipendenti dei tre negozi: 476 su 1.079. Di questi, l'11% sono gay o lesbiche, il 4% bisex, l'81% etero, il restante 4% preferisce non rispondere… Il dato interessante è che il 55% degli omosessuali non vorrebbe che l'orientamento sessuale diventasse oggetto di discussione al lavoro.
E se il 38% dichiara apertamente la propria identità e gusti ai colleghi ed il 31% la confida solo agli amici, la restante fetta della torta (ben il 31%) preferisce non far sapere, ne raccontare proprio nulla di sé. Ed ancora, alla domanda se in IKEA un gay ha le stesse opportunità di fare carriera come tutti gli altri, il 70% dei dipendenti risponde di sì. Per quasi tutto il campione, infine, la diversità deve divenire una priorità strategica per il gruppo, che deve creare un ambiente rispettoso e inclusivo per tutte le differenze, comprese quelle legate all'identità di genere.
Tra le risposte più lungimiranti dei dipendenti IKEA al questionario, risalta quella di una femmina, etero: "vorrei si togliesse la sigla GLBT. Per me i colleghi sono tutti colleghi, senza sigle. La sigla crea una separazione" oppure quest'altra di un omosessuale della sede di Roma: vorrei veder sfilare IKEA al prossimo gay pride. Una discriminante in più da abbattere.

Fonte: Corriere.it

1 commento:

  1. e blablabla...sono stato gay, ma che mondo di merda, me ne frego dei diritti lgbt, i gay se stesso sono spaventosi ! basta di giocare sempre le vittime come questi ebrei che attraverso il comunismo o goldman sachs, la fed ecc; distruggono il nostro pianeta ! Va bene colle le lamentazioni !

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