Non c'è stato un momento spartiacque. Da piccolo giocavo con le bambole di mia sorella. Non mi ricordo di essere mai stato attratto da una ragazza.
A scuola le classi erano divise tra ragazzi e ragazze. A quel tempo confondevo l'amicizia con l'attrazione verso i maschi. A 14 anni mi ero innamorato di un ragazzo palestinese e quando si trasferì stetti male ma solo oggi capisco che lo amavo. Non mi conoscevo a quel tempo e la mia famiglia non mi ha aiutato a scoprire la mia natura perché era molto chiusa. L'unica cosa di cui sono certo oggi, è che a quel tempo mi prendevano in giro a scuola perché ero effeminato. Noi adulti diciamo le cose molto spesso "politicamente" tentando di non offendere, gli adolescenti no. A livello verbale sono stato molto aggredito e per difendermi da quella situazione, cominciai a studiare molto. Volevo far capire agli altri di essere come loro. Studiavo tutto il giorno e i miei compagni venivano da me per chiedere aiuto, così facendo mi sentivo circondato da "amici".
Mi ricordo una volta, quando avevo 17 anni, mentre leggevo un libro di psicologia mi colpì una frase che diceva, più o meno, che la natura sessuale di un figlio può essere compromessa, molto spesso, dai comportamenti delle madri. Sottolineai la frase e la mostrai a mia madre, lei non comprese. Non risolvemmo la cosa. Questo è normale perché in una società chiusa, come quella araba, si va avanti con ipocrisia e parole non dette.
Avevo 18 anni. Il mio barbiere era cristiano e per curiosità ho cominciato a fargli domande sul Vangelo e il cristianesimo. Così cominciai a passare ore da lui in negozio a leggere la Bibbia. In Siria è normale avere amici cristiani. Questo mio amico cominciò a spiegarmi alcune cose della religione cristiana e leggendo i testi sacri, ho cominciato a fare paragoni tra l'Islam e il cristianesimo.
A un certo punto ho deciso di convertirmi.
Perché hai fatto questa scelta. Cercavi nel cristianesimo più "libertà"?
Probabilmente sì. Sinceramente perché l'ho fatto non lo so e forse non te lo saprò mai dire. Certamente è un atto di ribellione. Volevo infrangere qualche tabù, perché io sono fatto così. Detesto la società araba tutte queste regole e regolette. E' una società gerarchica, dove ti dicono cosa fare o non, e ho trovato nella religione la via per dire "no, non ci sto", almeno credo. Ma c'è anche il fatto che leggendo il Vangelo o andando a messa, il linguaggio è diverso da quello nell'Islam. Forse 500 anni fa il linguaggio era molto cruento anche nel cristianesimo, non lo so. Mi spiego meglio. Uno va in chiesa e il prete ti parla in un modo tranquillo e ti dice cose positive. Quando uno va in moschea e sente l'Imam, quando fa il sermone, lo sente urlare, a volte piangere. A me questa cosa metteva ansia. Già io stavo male di mio, poi andavo in moschea, per tentare di trovare conforto, stavo ancora peggio. Nel cristianesimo mi ha aiutato molto la figura della Madonna. La vedevo come una madre, una mamma che non ti giudica e attraverso lei cercavo di capire chi io fossi. Parlavo molto con la Madonna, era quasi la mia psicoterapeuta. Io fino ad oggi, anche se sono diventato apateista, ogni volta che starnutisco, e non mi chiedere perché siccome mi viene spontaneo, non dico "alhamdulillah" ma pronuncio il nome di "Maria".
I tuoi genitori cosa hanno fatto quando hanno saputo della tua conversione?
Mio padre aveva saputo di questa scelta perché aveva trovato una Bibbia nel mio comodino e tornando a casa non l'ho trovata nel cassetto. Sono dovuto scappare in un monastero vicino a Damasco perché mio padre non so cosa mi avrebbe fatto. Dopo qualche tempo sono andato in un monastero in Libano per poi ritornare in quello vicino a Damasco. In questo ultimo monastero ho ricevuto il battesimo. C'era una signora di nome Myrna (mia madrina al battesimo), la quale ha avuto più volte visioni e le stigmate. Dopo aver vissuto un periodo in quel monastero sono stato mandato in Italia, in un centro di formazione per preti gesuiti. Ci sono rimasto due anni e pendevo dalle labbra del rettore. In questo centro di formazione una delle regole era: "Vietato ammalarsi". Pensa che mi era venuto il varicocele al testicolo sinistro e me lo sono dovuto tenere per parecchi mesi, tentando di rispettare questa regola. Quando la situazione si è fatta seria il rettore, comunque, non mi ha negato le cure di cui necessitavo.
Uscii da quell'istituto perché avevo scelto di non continuare con il seminario per diventare prete e cominciai a lavorare in un centro di arredi sacri. Lì ho conosciuto due preti che mi hanno invitato a pranzo. La sera stessa mi sono arrivati dei messaggi da uno dei due preti, a sfondo sessuale e sono rimasto scioccato, perché non immaginavo che un prete potesse scrivermi certe cose. Puoi crederci o no, ma ero molto ingenuo a 22 anni.
Non è stato un bel approccio da parte del prete nei miei confronti. A Natale sono andato a trovare questo prete a casa sua. Mi aveva detto che aveva "l'abitudine" di ospitare una persona a Natale. C'è voluto da parte mia un coraggio immenso per prendere il biglietto e andarlo a trovare. Ero libero, ovviamente, di fare tutto quello che volevo. Però sappi che per un ragazzo arabo che non ha mai avuto a che fare, neanche a livello di parole, con questa "situazione" era molto difficile. Io non avevo nessuno strumento per capire me stesso. Già il fatto di cambiare fede è una cosa pesante da affrontare da soli e io poi mi ero sentito "fregato" a causa della rigidità incontrata. Ero molto stanco dopo l'esperienza della conversione e ora mi trovavo da solo a toccare un tasto veramente dolente dentro di me; la cosa era tremenda. Non avendo nessuno che mi poteva aiutare, perché magari questo prete mi avesse detto "guarda ho capito che tu sei gay, parlami di te", allora sarebbe stato tutto più facile. Ovviamente il prete non sapeva nulla di me e dava per scontato che io fossi già consapevole della mia omosessualità. Pensavo che con lui sarei riuscito a affrontare la mia "natura"ma alla fine mi ha confuso di più le idee.
Tornato a Roma ho cominciato a frequentare l'altro prete che avevo visto quella volta nel negozio di arredi sacri. Mi sono subito trovato a mio agio con lui e mi ero anche innamorato.
E' stato un rapporto molto strano. Secondo me la cosa peggiore per un ragazzo è innamorarsi di un prete o un frate. In primis perché un prete non dovrebbe avere rapporti sessuali, altrimenti dovrebbe cambiare mestiere. Poi c'è la chiesa cattolica che è contro i gay, anche se pullula di omosessuali, e proprio per questo che stare con un prete fa paura perché siccome non sarà mai sincero fino in fondo, non potrà mai sfogarsi con un ragazzo che non appartenga al clero. Infatti questo prete mi diceva "guarda che non posso avere una storia con te perché sono un prete", però al cuore non si comanda e per un anno e mezzo siamo stati insieme.
Con lui hai avuto la prima esperienza sessuale?
Diciamo di sì.
E poi da lì hai preso consapevolezza di chi eri?
Sì. Trovando una persona tranquilla con cui stare, sentendomi felice e innamorato, ho potuto avvicinarmi a internet, a leggere e cercare. Non sapevo ancora dell'esistenza delle sedi di Arcigay. Durante la mia permanenza nell'Istituto non potevo considerarmi in Italia, ero in un altro mondo.
I tuoi genitori non sapevano nulla di te durante questo periodo?
No non sapevano, non sanno e non penso di dirglielo. Io non mi vergogno di quello che sono ma i miei vivono in Siria, lontani. Non so quanto possa essere utile e fattibile dirgli queste cose. Tanto loro non sanno di cosa io stia parlando. Non vale la pena di spendere tutte quelle energie e litigare a telefono.
Come ti senti in Italia?
Adesso sto bene. Il sesto anno in cui ero qui è stato un disastro. Lavoravo in un monastero in Umbria e il priore guardando su Internet aveva scoperto che navigavo in siti Internet Gay e mi ha sbattuto fuori. Non avevo più nulla. Avevo perso il lavoro e l'alloggio e sono venuto qua in Emilia Romagna dal mio ragazzo.
Dove vi siete conosciuti tu e il tuo fidanzato
Su una chat.
Lui è arabo, italiano?
Italianissimo. Siamo insieme da cinque anni e mezzo.
Oggi sei felice?
Molto. Ho concluso anche la maturità. Nel passato ho avuto molti problemi di soggiorno, un nostro amico, anche lui gay che ha una cinquantina di anni, mi ha adottato. Così ho risolto il problema del permesso di soggiorno.
Ma non pensi di poter tornare in futuro in Siria? Magari ad aiutare i ragazzi che come te non capiscono la loro natura?
Non penso di stabilirmi altrove. Qui ho il mio ragazzo che è la mia famiglia. Altrimenti non sarei rimasto in Italia. Al momento non sono molto ottimista per la situazione in Siria, va bene che si parla di libertà, la gente muore e si continua a scendere per le strade. Secondo me per la coscienza della società siriana, e in generale di quella araba, ci vuole ancora molto tempo. Da più frutto lavorare su internet, anche se ovviamente sarebbe meglio andare lì sul campo. In questo momento stò aiutando l'associazione libanese "Helem" che si occupa soprattutto dei gay libanesi, ma è un punto di riferimento anche per molti altri gay arabi. Per me aiutare quella associazione è aiutare i gay in siria.
Cosa ti auguri per il tuo futuro? Speri di poter presentare il tuo fidanzato ai tuoi genitori?
Sarebbe troppo bello. Loro in questi anni sanno che io vivo con un amico. Sai in Siria è normale vivere con un amico, anche camminare per la strada mano nella mano. Ma sono certo che non capirebbero cosa vuol dire essere gay. Non so se riuscirò a dirglielo anche se sarebbe il massimo. Loro sanno che ho cambiato religione. Io sono un libro aperto. A mia madre forse lo dirò , a mio padre non penso, mentre a mia sorella molto probabilmente.
Fonte: La Città Nuova
Di: Shady Hamadi
Di: Shady Hamadi
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