Daria Bignardi scrive su "Vanity Fair" n°32 del 18 Agosto 2010, in edicola questa settimana:
Sarà che è agosto, e tutti si sentono in dovere di essere più frivoli. Nella sua rubrica del sabato su Repubblica, l'ex direttore del L'Espresso Giovanni Valentini raccoglie la riflessione dello scrittore Giampaolo Rugarli che, sul La Gazzetta del Mezzogiorno, ha chiesto a Nichi Vendola, il brillante governatore della Puglia autocandidatosi premier del centrosinistra alle prossime primarie (finora non convocate, e chissà quando mai lo saranno), di togliersi l'orecchino. "Se rinunciasse all'orecchino sarebbe perfetto", ha scritto Rugarli, "un grande leader non ha bisogno di ciondoli, brillocchi e pendagli". E Valentini commenta: "In effetti, a 52 anni d'età… e due mandati da governatore, quell'orecchino non aggiunge più nulla all'icona mediatica di 'Nichi il rosso'… C'è da pensare anzi che oggi un gesto simile gioverebbe alla sua immagine e alla sua credibilità di aspirante premier, sottraendo un argomento o un pretesto polemico ai suoi avversari interni ed esterni… ormai Nichi Vendola non ha più bisogno di apparire diverso; di ostentare il fatto di essere un ex comunista, cattolico e gay… quell'orecchino può valere - per lui e per tutto il centrosinistra - molti voti in più o in meno".
Ehm. Al di là del fatto che a sinistra pare che sulle primarie ci sia un blocco di resistenza, e che non so quante reali chance abbia il buon Nichi Vendola, vorrei riflettere con voi sulla faccenda dell'orecchino. Davvero è così importante toglierlo o tenerlo, come afferma il più autorevole quotidiano della sinistra italiana? Che cosa significa oggi, per un uomo, portare un orecchino al lobo? Ai miei tempi i maschi l'avevano quasi tutti, se erano appena appena alternativi. Oggi lo vedo quasi soltanto, chissà perché, addosso agli autisti dei mezzi pubblici, e me ne sono domandata la ragione. L'unico che conosco con l'orecchino è il mio amico Giovanni (Robertini, non Valentini), trentenne, autore dell'atteso (da noi amici) Il barbecue dei panda: Giovanni porta un cerchietto di cocco nero "per ricordo", non oso chiedergli di che. Nichi invece indossa un anellino d'oro, come quello dei pirati, ma formato mignon. Valentini ricorda che "prima ancora di diventare un ornamento della femminilità, l'orecchino d'oro era usato dai pirati come moneta di riserva in caso di estrema necessità, per comprare la sopravvivenza o la libertà". Hai detto niente. Pur faticando a prendere sul serio la questione dell'orecchino - perché dell'orecchino di Vendola i giornali di sinistra scrivono da quando fu eletto membro della segreteria nazionale della Fgci, venticinque anni fa - mi limito a notare che: Gianfranco Fini porta svariati braccialettini, e guarda come sta andando. Un ciondolo con croce celtica (niente di personale) non ha impedito a Gianni Alemanno di diventare Sindaco di Roma. Viviamo in un Paese dove, al momento di votare, più che ai simboli e alle metafore facciamo caso alle promesse, al portafoglio e, al massimo, al nostro grado di esasperazione. I Nichi Vendola, i Matteo Renzi, i pochi rimasti del centrosinistra con qualche concreta possibilità di riacciuffare un partito disorientato e in crisi di comunicazione facciano bene e credano in sé, in barba a tutto. Senza contare che orecchini, bandane e modi pirateschi ai nostri leader portano fortuna.
12 agosto 2010
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